sabato 22 settembre 2012

Immagini dall'Etiopia

Tornati a Makalle' e' tornata la connessione, che fra l'altro e' la connessione superveloce dell'hotel Yordanos.
E' il momento di un po' di immagini, visive e sonore, dell'Etiopia.
 
Per incominciare, la lingua. Il tigrino, la lingua di questa regione, ha molti punti in comune con l'Italiano.
"Come dite voi in Etiopia aeroplano?" "Noi diciamo aeroplano."
"Come dite voi in Etiopia borsa?" "Noi diciamo borsa."
"Come dite voi in Etiopia scopa?" "Noi diciamo scopa."
"Come dite voi in Etiopia  atterraggio?" "Noi diciamo atterraggio."
"Come dite voi in Etiopia divisa?" "Noi diciamo divisa."
e cosi' via...bombolini (sono come i nostri bomboloni, fritti e a forma di ciambella...), sciarpi (le tradizionali sciarpe bianche con il bordo colorato), makina (macchina), cacciaviti, martello, asfalt, correnti (elettricita'), fritata (uova strapazzate), porta, fenestra...
L'unica differenza e' ciao: che qui in Etiopia vuol dire solo arrivederci. Si dice selam appena ci si incontra e ciao quando si va via.
La presenza di parole italiane nel tigrino ha suscitato profonde domande nel piccolo Yohannes Solomon, il quale ha chiesto al padre perche' anche gli italiani dicono sciarpi.
"Perche' e' una parola italiana."
"Allora noi prima parlavamo italiano!?!"
(Questo per confermare di nuovo quanto sian belli e intelligenti i bambini etiopi).

Parole non italiane, utili allo straniero:

Ferenji: deformazioni di 'foreigner', vuol dire straniero bianco. Se sei uno straniero bianco la senti dire in continuazione. Ci sono negozi da ferenji, menu da ferenji, alberghi da ferenji. E naturalmente, prezzi da ferenji: almeno tre volte quelli da locali. ma se si pensa a un meccanismo tipo 'gabbie salariali', forse non e' cosi' fuori luogo.

Birr. E' la valuta locale, che contraddice il noto adagio 'Pecunia non olet'. I birr, comne tutti gli oggetti locali, vengono usati fino allo sfinimento (e oltre). Circolano banconote piu' che sudicie: unte, bisunte, consunte. Quasi illeggibili, rotte e riappiccicate con il nastro adesivo. E parecchio 'odorose', con un odore che si sente appena si apre il portafogli. Un euro vale circa 23 Birr e un po'. Al nostro arrivo erano circa 23.2; all'ultimo cambio, un paio di giorni fa, 23.37. Dunque, se puo' confortarvi, l'euro sta recuperando sulla valuta etiope.

Injera, o anche 'njera. A base di farina di teff (una specie di miglio), e' il cibo tradizionale di base. Simile nell'aspetto a un cencino grigiastro arrotolato, si accompagna a pietanze e sughi vari. Al momento dell'uso, si srotola e fa da piatto, da posata e da pane. Giudizio dei tre italiani. Luca: Ho mangiato di tutto, compreso il serpente cotto e la medusa fritta. Mi piace tutto, ma la 'njera fa schifo. Mariele: be' contestualizzando, non e' poi cosi' male... Marta: E' buonissima! Ce n'e' un altro po'?

Ancora a proposito di cibo.
Tra gli altri piatti che si trovano dappertutto, ci son spaghetti e maccheroni, con il sugo di pomodoro o il ragu'. Sono un altro lascito italiano. Come il 'tegamino' (piatto a base di fagioli in umido passati, con cipolla e abbondante peperoncino, naturalmente cotto in un piccolo tegame) e il 'macchiato', che in realta' e' praticamente un cappuccino.
Delizie locali: la macedonia di frutta (in bicchieri enormi, a base di mango, avocado, arancio, guave, papaja e altre delizie...) e i succhi di frutta, in realta' pastose creme di frutti tropicali, serviti in bicchieroni a strati multicolori

Altre immagini del viaggio:

I bambini. Tantissimi, ovunque. A mucchi, a grappoli, a gruppi. Occhi scintillanti, pungenti come spilli. Bambini sempre in movimento, che corrono a piedi nudi, incuranti di pale di fichi d'india e pietre taglienti, curiosi di questi 'ferenji' con la pelle pallida e i capelli cosi' stranamente lisci. Quasi tutti bellissimi, quasi tutti sudicissimi, quasi tutti simpaticissimi. Attaccano subito discorso in un misto di inglese e di linguaggio universale di gesti e espressioni. A volte chiedono una moneta, piu' spesso una penna, oppure un soldino per comprare un quaderno. Che si sia sparsa la notizia che i ferenji sono sensibili al richiamo alla cultura e all'istruzione? Spesso non chiedono nulla: vogliono solo salutare, stringere quelle buffe mani chiare. In ogni caso, non sono insistenti e sono incredibilmente allegri e pieni di vita. Dalla macchina li vedi che corrono per venire verso la strada, solo per fare ciao con la manina e gridare 'Ferenji!' a tutta gola. Spesso accompagnano gli animali al pascolo, o portano piccole fascine di frasche sulla testa, perche' si deve imparare fin da piccoli che occorre rendersi utili. Qualche volta li vedi che giocano: a zoppino, a campana, oppure a spingere un cerchio di filo di ferro tramite un bastone con un anello in cima. Una volta ne abbiamo visto persino uno che tirava una vecchia macchinina di plastica con una fune. Di certo, non sembrano annoiarsi. Diciamolo: sono cosi' vispi e accattivanti che ti vorrebbe voglia di portartene via qualche decina.
 
 
   

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